SONO TORNATE LE LUCCIOLE!

Con il suo nuovo romanzo – il secondo – Elisa Ruotolo testimonia che sono tornate le lucciole.

Le lucciole che ci illuminano nel vuoto oscuro della produzione editoriale di questo Paese, con “Quel luogo a me proibito”, appena uscito per Feltrinelli, ci indicano una via che può ancora essere battuta: quella del miglior solco della letteratura italiana del secondo Novecento.

La scrittura della Ortese e della Morante ha trovato in quella di Elisa Ruotolo – già grande autrice delle storie brevi di “Ho rubato la pioggia” – un’erede capace di attualizzare il romanzo rendendolo credibile nel suo essere profondamente letterario, scritto con uno stile sontuoso e uno sguardo timido apparentemente fuori dal tempo, ma che invece riesce ad inserirsi nella quotidianità dei nostri giorni così avari sterili e ossessionati dalla immediatezza.

Il talento di Elisa Ruotolo viene fuori fin dall’incipit, che spazza gran parte della narrativa da classifica vendite, e si candida a divenire nuovo classico contemporaneo:

Tutto è cominciato prima di me. Vorrei poter vantare un inizio solo mio, invece mi rendo conto che di privato possiedo ben poco. Ogni cosa che mi riguarda è stata eternamente condivisa, fatta in brani e poi sparita. Forse per questo ho accumulato come un ritardo sul resto, e un giorno mi sono ritrovata a incolonnare le cifre del mio vivere mentre gli altri tiravano la linea del bilancio.

La protagonista di “Quel luogo a me proibito” è una donna che racconta il proprio presente attraverso la lente del ricordo del proprio passato, quello della sua famiglia e dei suoi membri, e della sua naturale evoluzione nella sua persona, ricca di assenze e rinunce, e di fantasmi che mutano in presenze.

La sua è la storia di una mutazione, un’evoluzione che è schiava del ricordo e della memoria così come del sangue e delle radici, cronaca di un processo alle proprie introiezioni, tanto quanto rilevazione e misura di ogni sommovimento interno.

Il talento della Ruotolo sta non solo nell’abilità – la sintassi perfetta, cristallina – ma anche nell’intensità: la materia è carne viva, non esistono pareti, se non di cartongesso, fra le sue parole e le immagini che arrivano al lettore. Se infatti la prosa dell’autrice campana è fuori dal comune, lo è anche la sua sensibilità, lo sguardo che si posa sui momenti, la creazione di un equilibrio mai certo, ricolmo di dubbi e incertezze in cui la protagonista galleggia con spaesamento.

Ognuno di noi ha la facoltà di seguire o meno le leggi della natura. Provare a comprendere le ragioni che ci guidano a fare valere o a ignorare tale possibilità costituisce un anello non trascurabile della nostra morale.

di Giuseppe Rizza