Tra un niente e una menzogna

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Nicola Romano, Tra un niente e una menzogna, Passigli editori, Firenze 2020, pp.120, € 14,00.

C’è oscillazione tra il “niente” e la “menzogna”. Nel mezzo si colloca e prende posizione la poesia: ago della bilancia tra i due ‘poli’ che, in quanto rimandano entrambi alla verità, tendono ad attrarsi reciprocamente. Non c’è nichilismo in questa silloge di Nicola Romano, come non c’è nelle sue raccolte precedenti. Perché c’è vita: il quotidiano vivere la vita come precarietà e “assenza” conoscendone bene egli la ricchezza, la bellezza, la pienezza, attraverso la sapienza che solo può dargli il sentimento della poesia. E là dove c’è vita c’è il Tutto che prevale sulle singole parti, sui suoi molteplici aspetti, e che è, soprattutto, maggiore, più grande del “niente”, che, tuttavia, è più prossimo alla verità di quanto non lo sia la “menzogna”.  E così, quell’ “assenza”, che non è il “niente”, che non è il vuoto, cede alla presenza della poesia che le dà forma e contenuto e la tras-forma arricchendola di un linguaggio personalissimo. Sì che l’ “assenza” diviene essenza, verità poetica, nella quale coincidono vita e poesia. Colpisce, da sempre, il “formalismo” di Romano, che non è enfasi, “esibizione” della parola, eclatante barocchismo né osservanza delle norme e delle convenzioni linguistico-estetiche, ma inclinazione, tendenza, esito di una perenne e persistente ricerca del nuovo valore espressivo che nel tempo ha finito per costituire la cifra e lo stile inconfondibili del suo poetare. Pertanto, invece che di “formalismo” è più esatto parlare di una poetica della forma, ovvero, di una metodologia linguistica la cui caratteristica è di dare sostanza all’espressione, di conferirle un’euritmia esteriore mediante una sinestesia d’immagini e di suoni (ma anche di sapori e di odori “astratti”, percepibili intuitivamente) senza trascurare la profondità che solo la vera poesia sa portare in superficie.

(Guglielmo Peralta)