A un soldato che rimase in piedi dopo essere morto

Nel giugno del 1979, la rivista Poesía, di Madrid, pubblicava una discussa antologia curata da Leopoldo María Panero: “Última poesía no-española”. Panero selezionava alcuni tra i migliori poeti a lui contemporanei. Tra questi inseriva Gabriel Bocángel, un poeta del XVII secolo.

A un soldado que permaneció en pie un rato después de morir

Tu obstinado cadáver nos advierte
que hay vida muerta, pero no vencida,
pues sólo en tu valor, sólo en tu vida,
algo miró después de sí la muerte.

Fuerte es la Parca, pero tú más fuerte;
no se debió a su golpe tu caída;
tú contra ti la ayudas ya rendida,
que, ¿quién pudiera, sino tú, vencerte?

Tú dividiste el trance indivisible
de morir y postrarte, tan altivo,
que en el daño común no hallas ejemplo.

¿Cuánto más que inmortal y que invencible
contemplaré que fuiste cuando vivo,
si el cadáver intrépido contemplo?

Gabriel Bocángel

***

A un soldato che rimase in piedi per un po’ dopo essere morto

Il tuo cadavere ostinato avverte
che c’è vita morta, sì, ma non vinta,
ché nel tuo coraggio, nella tua vita,
vita guardò, dopo di sè, la morte.

Forza ha il destino, ma tu hai più forza;
non per un suo colpo la tua sconfitta;
tu contro te stesso lo aiuti, arreso,
chi, se non tu, ha il potere di vincerti?

Tu dividesti, istante indivisibile,
il morire e il prostrarti, sempre altero
nel male comune non trovi immagine.

Quanto tu immortale, quanto invincibile
io sentirò che tu, tu fosti vivo,
se il cadavere feroce ora io sento?

Ianus Pravo