Aspirante alieno

a cura di Giorgio Galli

 

 

Conosciuto a livello internazionale, Silvio Raffo è una presenza per chiunque viva la vita della poesia: e dico presenza perché passa nelle nostre vite come un fantasma gentile, col suo riserbo e un atteggiamento autoironico verso sé e il mondo. Si racconta che Kafka, a casa di Brod, attraversò il salone in cui dormiva il padre indossando scarpe nuove, che scricchiolavano un poco. Il padre di Brod si svegliò. Kafka, con quella leggiadria che lettori e critici non sempre gli riconoscono, sussurrò: “Mi scusi, pensi che io sia solo un sogno”. Nella mia esperienza, Silvio Raffo è un po’ come quest’aneddoto moltiplicato per tutta la vita. E in Aspirante alieno, documentario diretto da Iolanda La Carrubbe distribuito da Minerva Pictures per Prime Video, c’è lui con tutta la sua stravaganza, il suo istrionismo autoironico, il suo abbigliamento eccentrico. E, soprattutto, il suo pensiero. Per me il pensiero è fondamentale: l’opera m’interessa meno della sua concezione, di un autore voglio conoscere più di tutto il modo in cui vede il suo tempo e il suo prossimo. Per questo sono un lettore di epistolari: perché mettono pensiero e passioni in relazione all’epoca e agli altriNelle lettere dei miei autori preferiti ho trovato spesso la parte migliore della loro produzione. La scrittura epistolare è pura, fuori dall’ufficialità e dalla competizione della scrittura, è intima ma non narcisistica perché c’è il meraviglioso “limite” dell’interlocutore. L’io che invade lo spazio nei diari è un io che non ha forma, è come un gas; l’io delle lettere, essendo in relazione, è più reale. E Iolanda La Carrubba, con questo documentario –autoprodotto, ricordiamo, dall’associazione culturale EscaMontage senza alcun tipo di finanziamento– ha scritto un epistolario immaginario: ha visto Raffo sempre in relazione, sempre in conversazione con gli altri: la sua poesia, i suoi ricordi –evocati con scherzoso pudore-, la sua idea di scrittura e di mondo avvengono negli incontri, ed è bellissimo. Non bisogna avvicinarsi ad Aspirante alieno con pretese di completezza e organicità: gli autori anzi lo immaginano come il primo di una serie di documentari sul personaggioLo si segue piuttosto come una conversazione, in cui si va a parare dove non ci si aspetta e alla fine rimane ancora qualcosa da direLa Carrubba, poeta a sua volta, ha fatto come regista un articolato percorso nella poesia: si pensi a Ciack poesia, in cui invita poeti e critici a rispondere alla domanda Cosa significa fare poesia. Questo lavoro, libero come un dialogo, ha tuttavia una struttura, una struttura circolare. La prima e l’ultima scena mostrano Raffo solo, che canta. E questo canto, a inizio e fine, trasmette un senso d’estro e libertà perfettamente in linea con l’uomo, che afferma d’annoiarsi facilmente e di avere spesso bisogno di cambiare. E forse -forse- la solitudine, pur estrosa, di quel canto, incorniciando il documentario, dice che anche l’aspirante alieno è uno di noi.