ADDIO, HOMO CONATUS

a cura di Ianus Pravo

 

Che il due, un numero, sia uno, specchio a uno specchio,
la creta secca della luce sul mano a mano
del Cesare che incarna un Dio di seme, dal covo
di cenere che sgorga in bocca al rosso di schiava.
Ma il sale che da Sodoma dona il tempo del nudo
riconduce il lino alla morte, al ventre orinato.
Il suo fetore puro è cento o mille uno, è il due
la derisione dallo specchio in carne, che radica
lo specchio, l’altro, il secondo specchio senza origine
il cui varco colma il segno dello stupro più mite.
Il Dio defeca sulla schiava ogni purezza
del non essere, la materia della sua immagine.
Addio, homo conatus, abbandona il cadavere
ai monatti o alla fogna, all’azzurro dell’addio.