AL DI QUA DEL BENE E DEL MALE

a cura di Ianus Pravo

Quel che penso veramente è che il male non è mai ‘radicale’, ma soltanto estremo, e che non possegga né profondità né una dimensione demoniaca. Esso può invadere e devastare il mondo intero, perché si espande sulla superficie come un fungo. Esso ‘sfida’ il pensiero, perché il pensiero cerca di raggiungere la profondità, di andare alle radici, e nel momento in cui cerca il male, è frustrato perché non trova nulla. Questa è la sua ‘banalità’. Solo il bene è profondo e può essere radicale” (Hannah Arendt, “La banalità del male“).

Ma non è vero che la banalità non possegga profondità, e invece la possegga il bene. Nel profondo, nella radice, prende vita l’indifferenziato, e la differenza cerca l’aria della superficie, ogni differenza vive in superficie: nella tradizione cinese, il volto di Dio e il volto del Diavolo sono lo stesso volto, la radice dell’uno è la radice dell’altro. Guarda bene, Eichmann ha lo stesso volto, alzato a forza, con un frustino o un manganello, verso la macchina da presa, dell’ebreo nudo e scheletrico. Mi è toccato di scrivere, in ‘Nostra Signora d’Auschwitz’, “l’Auschwitz che protegge in rubedo ogni Atene dell’uomo‘. È questo un pensiero nauseabondo, ma la bellezza di un atto risiede nella sua vanità, e ogni pensiero prende forza dalla nausea che provoca, dalla nausea della sua vana bellezza.

Sicuramente, chi non distingue Auschwitz da Atene è un po’ idiota, ma chi le distingue idiota lo è del tutto.