Ci fu un libro intitolato “Nostra Signora d’Auschwitz”

a cura di Ianus Pravo


 

La lucertola che alza la sua gola d’azzurro
inscrivendo l’azzurro nello sguardo dell’anima
che attraversa a Spinoza la testa rattrappita.
Che io sono il mio nemico, che io sono il mio carnefice.
Non la plaie le couteau, non è questo che dico:
oltre, che il gas è l’anima dell’ebreo errante, stupro
è lo sguardo a conoscersi, sotto le Porte Scee,
di Andromaca che ascolta il ritmo puro del sangue,
più in là del silenzio c’è ancora un silenzio,
mentre il Dio che sorride alza azzurro la sua gola
e la donzella è morte, preistoria della morte,
fragilità di morte inscritta sul nome patria
(persin la morte è a rischio sul nome della patria),
tra le mosche di veglia un groviglio di sangue.
Non posso più del nulla e il voglio è tutto il meno,
ogni volta la cima è più alta, sull’hostis,
sull’hostis è più alta, più dell’azzurro fredda.

(da “Nostra Signora d’Auschwitz”, Roma, 2007)