Cristina IV

a cura di Giorgio Galli

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Roma, 26 giugno

Lore cara, anch’io boccheggio e mi affatico per ogni nonnulla. La notte poi non riesco a dormire dal caldo e passo le giornate rimbambito dal sonno. Provo a sentire Silvia di via Margutta, ma non contiamoci, è un tipo sfuggente.

Sono calzanti le osservazioni che fai su Cristina. Anch’io ho percepito fin dall’inizio qualcosa di infantile nelle sue immagini. Tu hai espresso il mio pensiero meglio di quanto avrei saputo fare io. Ho pensato alla Settima sinfonia di Mahler, intitolata Canto della notte: un grande compositore, Alban Berg, diceva di trovare qualcosa di infantile nella sua musica. Infantile e, al tempo stesso, inquietante. Il volto che si vede negli autoritratti di Cristina è un volto che turba, ha lo sguardo fisso e spento tipico delle persone ossessive. Forse la fotografia era un’ossessione per Cristina e lei fotografava compulsivamente, senza rendersi conto del valore di ciò che faceva.

Riposati, lavori tanto e vivi tanto stress a casa. Sarebbe inumano che tu non fossi stanca.

Christian

 

Firenze, 28 giugno

Sai cosa mi ha ricordato Cristina Megale? I cameraman della Grande Guerra. Anche loro avevano a che fare con una realtà aspra, ma la fotografavano in maniera elegante. La nostra donna misteriosa aveva il genio dell’inquadratura.

Non riesco a immaginare che un simile patrimonio di immagini sia andato perso così. Se tu non avessi acquistato quella cassa, per pura tua fascinazione, neanch’io e te sapremmo nulla di lei. Oddio, non che ora ne sappiamo molto. Uno pensa che il talento abbia un destino speciale, che sia protetto dal cielo, e invece ecco qua, queste casse trovate per caso con dentro dei capolavori di fotografia. Scattate da una di cui non si conosce neanche l’ombra.

Come stai? Come va il tuo lavoro? Nel mio, tanta brutta gente. Una ieri ha rifiutato l’assistenza di una nostra badante perché è rumena. Voleva una persona italiana, diceva. Le ho risposto che noi mandiamo i nostri professionisti in base alla capacità e non alla nazionalità. Avrei dovuto accontentarla perché è una cliente, ma non me la sono sentita di accondiscendere a una richiesta razzista.

 

Firenze, 30 giugno

Chris, mi sono svegliata da un incubo e scrivo per calmarmi. Non voglio svegliare Alfredo perché sta lavorando tanto, è stanco e non me la sento di tormentarlo.

Nell’incubo litigavo furiosamente coi miei genitori. Ma così furiosamente che loro mi riempivano di botte. Non avevo mai sognato una cosa del genere, né è mai accaduta. In realtà non è che litigavamo: io parlavo tranquillamente, loro cominciavano ad alterarsi ed io protestavo per il fatto che alzassero la voce senza motivo, ma loro la alzavano sempre di più, fino alla catastrofe in cui dovevo rifugiarmi sotto un tavolo per scansare i colpi. Non so cosa significhi questo sogno. L’ho collegato a Jacopo e al modo in cui risponde al mio amore ferendomi, ai miei sguardi non guardandoli, eccetera. Mi sento sola, Chris. Vorrei che tu fossi qui.

Ma non far caso alle mie lamentazioni e dimmi di te, del tuo lavoro e del tuo libro.

Roma, 30 giugno

Cara Lore,

a lavoro finora tutto come sempre, non ci sono più segnali d’allarme. Faccio mio il motto “niente nuove, buone nuove” e vado avanti.

Non ho più saputo niente del mio libro, l’editore sembra scappato col manoscritto. Ho l’impressione che siano in crisi a causa del Covid. Le librerie sono state chiuse per più di un mese e le case editrici sono rimaste ferme. Una casa editrice piccola, in questo momento, sarà piena di guai fino al collo, e per questo preferisco non insistere. Aspetterò che mi contattino loro.

Ho telefonato a quella Silvia di via Margutta, mi ha detto che ci sentiamo nei prossimi giorni, ma mi è sembrata evasiva. Le ho mandato per email le foto che mi hai indicato tu, spero che la visione diretta le faccia capire che la faccenda è seria e che c’è una fotografa di talento che lei potrebbe letteralmente scoprire.

Perché dici che le tue ultime foto sono fiacche? Io non la penso così. Stai cambiando pelle, i tuoi nuovi lavori hanno i pregi e i difetti dei periodi di transizione, ma la tua poetica è sempre ben visibile. Mi piacciono soprattutto le foto delle marionette e quelle del circo. A me che sono un profano le luci non sembrano sbagliate, sembrano taglienti. Durante le riprese di un film, Pasolini voleva a tutti i costi fare una carrellata in una certa scena e Tonino Delli Colli, il direttore della fotografia, gli disse che sarebbe stata una carrellata innaturale. Ma Pasolini si impuntò: “Io voglio  una carrellata innaturale”. Le tue luci sbagliate sono come la carrellata innaturale. Sono un artificio espressivo. Io, fossi in te, conserverei quelle foto. Prova a guardarle coi miei occhi. Ti accorgeresti che le luci, prima di essere sbagliate, sono espressioniste. Sono come una dissonanza in musica.

 

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